Caro Michail,
pur consapevole del ruolo universalmente riconosciuto da critici e lettori a te e alla tua opera più nota nel panorama mondiale della letteratura del '900, ho deciso di mollarti. Il motivo è molto semplice: mi stavi annoiando, sfogliarti non mi dava nessuna emozione, né positiva né negativa. Pare Montale ti abbia definito un dono all'umanità, ma come ha giustamente commentato una delle mie consulenti letterarie, mia figlia, mica sarà stato completamente lucido tutti i giorni della sua vita!
Mi stavi annoiando perché ti ho trovato terribilmente datato, superato dai tempi, dalla storia, dalle vicende politiche che hanno stravolto il tuo paese alla fine del secolo scorso. La tua satira, politica più che sociale, mostra tutti i segni del tempo, non fa ridere, neanche sorridere, la si può solo cogliere come una testimonianza dell'epoca. La satira politica, a differenza di quella di costume, invecchia. Parlando di te con l'altro mio consulente letterario, mio figlio, commentavamo che Plauto o Trilussa mantengono intatta la lor vis comica perchè le tipologie umane da essi irrise esistono tutt'ora: il vanaglorioso, l'accidioso, lo spaccone, ecc. Il burocrate russo di epoca staliniana invece no, neanche il letterato di regime della medesima epoca; si sono estinti con il loro stesso regime. E con essi la capacità di far ridere o almeno sorridere facendone bersaglio della tua ironia. Perché la satira punge quando cammina sul filo dell'irriverenza, in bilico fra la sfida all'autorità ed il rischio di divenirne vittima. Ma l'autorità che la tua satira ha sfidato, non esiste più, e quindi viene inevitabilmente meno l'irriverenza. E la vis comica va a farsi benedire.
Lo so, il tuo è un libro che ha diversi livelli di lettura, come tutti i libri di un certo livello; ma a pag. 150, il limite oltre il quale non ho osato spingermi, di questi non v'erano che labili tracce. I parallelismi fra la Mosca di Stalin e la Gerusalemme di Pilato, appena accennati fin dove ti ho letto, appaiono anch'essi inattuali, traslati, dagli accadimenti storici, dall'attualità alla storia. Quanto può emozionare un lettore del XXI secolo un parallelismo fra Bisanzio e Troia? Quanto tacciare Tiberio di essere peggio di Hammurabi? E' vero, le tue vicende non sono così remote, ma appartengono ormai ugualmente alla storia, hanno perso quindi l'energia dirompente che deriva dall'essere vividi.
A molti lettori per i quali ho la massima stima e fiduca il tuo libro è piaciuto. Mi chiedo: quando l'hanno letto? Non è oziosa la domanda, forse t'avessi letto anch'io venti o trenta anni fa t'avrei apprezzato. Perchè venti o trent'anni fa era ancora vivo, ahimè, quel regime che, onore a te, hai osato sfidare con la tua penna. Morto lui, sei morto tu.
Addio caro Michael, pur riconoscendo il tuo valore, non credo ci incontreremo nuovamente, temo, per me, che tu non abbia molto da dirmi. Spero non me ne vorrai.
Cordialmente,
pur consapevole del ruolo universalmente riconosciuto da critici e lettori a te e alla tua opera più nota nel panorama mondiale della letteratura del '900, ho deciso di mollarti. Il motivo è molto semplice: mi stavi annoiando, sfogliarti non mi dava nessuna emozione, né positiva né negativa. Pare Montale ti abbia definito un dono all'umanità, ma come ha giustamente commentato una delle mie consulenti letterarie, mia figlia, mica sarà stato completamente lucido tutti i giorni della sua vita!
Mi stavi annoiando perché ti ho trovato terribilmente datato, superato dai tempi, dalla storia, dalle vicende politiche che hanno stravolto il tuo paese alla fine del secolo scorso. La tua satira, politica più che sociale, mostra tutti i segni del tempo, non fa ridere, neanche sorridere, la si può solo cogliere come una testimonianza dell'epoca. La satira politica, a differenza di quella di costume, invecchia. Parlando di te con l'altro mio consulente letterario, mio figlio, commentavamo che Plauto o Trilussa mantengono intatta la lor vis comica perchè le tipologie umane da essi irrise esistono tutt'ora: il vanaglorioso, l'accidioso, lo spaccone, ecc. Il burocrate russo di epoca staliniana invece no, neanche il letterato di regime della medesima epoca; si sono estinti con il loro stesso regime. E con essi la capacità di far ridere o almeno sorridere facendone bersaglio della tua ironia. Perché la satira punge quando cammina sul filo dell'irriverenza, in bilico fra la sfida all'autorità ed il rischio di divenirne vittima. Ma l'autorità che la tua satira ha sfidato, non esiste più, e quindi viene inevitabilmente meno l'irriverenza. E la vis comica va a farsi benedire.
Lo so, il tuo è un libro che ha diversi livelli di lettura, come tutti i libri di un certo livello; ma a pag. 150, il limite oltre il quale non ho osato spingermi, di questi non v'erano che labili tracce. I parallelismi fra la Mosca di Stalin e la Gerusalemme di Pilato, appena accennati fin dove ti ho letto, appaiono anch'essi inattuali, traslati, dagli accadimenti storici, dall'attualità alla storia. Quanto può emozionare un lettore del XXI secolo un parallelismo fra Bisanzio e Troia? Quanto tacciare Tiberio di essere peggio di Hammurabi? E' vero, le tue vicende non sono così remote, ma appartengono ormai ugualmente alla storia, hanno perso quindi l'energia dirompente che deriva dall'essere vividi.
A molti lettori per i quali ho la massima stima e fiduca il tuo libro è piaciuto. Mi chiedo: quando l'hanno letto? Non è oziosa la domanda, forse t'avessi letto anch'io venti o trenta anni fa t'avrei apprezzato. Perchè venti o trent'anni fa era ancora vivo, ahimè, quel regime che, onore a te, hai osato sfidare con la tua penna. Morto lui, sei morto tu.
Addio caro Michael, pur riconoscendo il tuo valore, non credo ci incontreremo nuovamente, temo, per me, che tu non abbia molto da dirmi. Spero non me ne vorrai.
Cordialmente,
Luciano