Semaforo di piazzale Numa Pompilio, venendo da Caracalla, tipico tappo
del traffico automobilistico romano. La strada si allarga, le due corsie
di scorrimento del viale si aprono a ventaglio inducendo le auto a
disporsi su cinque o sei file. Il rosso dura alcuni minuti, siamo tutti
serrati, affiancati gomito a gomito, pronti a scattare al segnale
convenuto. La solita mendicante scalza si aggira con la mano tesa
dribblando i cofani roventi con la sicurezza di chi è aduso a muoversi
fra labirinti di lamiere. Si avverte la tensione generale, il tempo di
attesa si dilata in modo inversamente proporzionale al tempo a
disposizione dei guidatori. Dozzine di persone, raggruppate loro
malgrado in uno spazio aperto ma ristretto, aspettano tutte,
all'unisono, un solo evento, liberatorio, catartico, risolutivo: il
verde. Quando scatta il giallo per la strada di intersezione le mani
destre lestamente innestano la prima ed i piedi, sempre destri, danno
leggeri affondi sull'acceleratore per tenere il motore su di giri,
saturando l'aria di un rombo cupo e minaccioso. E' un attimo, il
semaforo da l'ok e con la sincronia di un'orchestra sinfonica il rombo
si trasforma in boato. Le avanguardie scattano agili guadagnando in
pochi istanti la pole position, se non della vita almeno di quei pochi
metri di asfalto; seguono ad una lunghezza le retrovie, alcune file
mostrando la loro evidente maggiore prontezza. Visti dall'altro
sembriamo probabilmente uno strano Tetris con i pezzi che si muovono in
senso inverso. La mia fila non parte, non si muove. Attimi che sembrano
un eternità, clackson che iniziano a protestare, tutti fremono nervosi
mentre ai lati scorrono, finalmente liberi, flussi inarrestabili di
macchine. Non si può fare nulla, siamo bloccati, la prima auto della
fila è ferma e non accenna a muoversi. In un attimo un lampo mi
attraversa il cervello, un pensiero atroce ed inconfessabile anche a me
stesso: non è possibile mi dico, non può essere, non devo pensarci, non
devo, non devo! Dura poco il terrore nella mia mente, appena il tempo
che si apra uno sportello e ne scenda un uomo dicendo: ahò, nun ce posso
fa' 'n cazzo, nun parte più, me s'è rotta così tutto de 'n botto!
Fiiuuuuuu... ed io che temevo fosse diventato improvvisamente cieco!
Scampato il pericolo del mal bianco, proseguo verso casa guardingo; parcheggio, entro nel portone, incrocio la portinaia con alcuni vicini, li osservo chiacchierare amabilmente, ma dentro di me una sola, unica, imperscrutabile immagine: loro ricoperti di feci che lottano nel fango per contendersi un pezzo di pane ammuffito che pagheranno con brandelli residui di dignità umana.
Fiiuuuuuu... ed io che temevo fosse diventato improvvisamente cieco!
Scampato il pericolo del mal bianco, proseguo verso casa guardingo; parcheggio, entro nel portone, incrocio la portinaia con alcuni vicini, li osservo chiacchierare amabilmente, ma dentro di me una sola, unica, imperscrutabile immagine: loro ricoperti di feci che lottano nel fango per contendersi un pezzo di pane ammuffito che pagheranno con brandelli residui di dignità umana.